I cosiddetti pilastri della mindfulness sono 7 cardini, principi, fondamenti su cui si basa la mindfulness.
Rappresentano le colonne portanti di questa magnifica disciplina.
Essi sono:
- Curiosità
- Pazienza
- Fiducia
- Osservare (o non giudizio)
- Fluire (o non sforzo)
- Accettazione
- Lasciare andare
Curiosità (o mente del principiante)
Vivere nel presente significa vivere ogni esperienza come fosse unica, irripetibile, particolare. Ogni istante è diverso dal precedente e la mindfulness ci invita a non perdere mai la curiosità verso ciò che accade dentro e fuori di noi.
La curiosità ci permette di mantenere la mente aperta e ricettiva, vigile e attenta.
Ci pone in una posizione di contemplazione e stupore, apprendimento e meraviglia per ogni piccola grande cosa che viene a noi.
Ci dona quell’ingenuità, quella capacità di gioire ed emozionarci per le piccole cose tipica dei bambini (e degli animali).
Curiosità verso noi stessi e verso il mondo, atteggiamento di continua scoperta, continua sorpresa e di disponibilità verso il mondo, la vita, gli altri, noi stessi.
Mente del principiante significa approcciarci alle cose come se non ne avessimo ricordo, fossimo nuovi a ogni esperienza, così da poter avere un atteggiamento puro e incondizionato di genuina e autentica curiosità verso ciò che conosciamo e non conosciamo.
Pazienza
La pazienza è la capacità di permettere agli eventi di manifestarsi e svilupparsi. Ogni cosa richiede tempo per maturare, per essere portata alla nostra attenzione.
A volte abbiamo qualcosa davanti agli occhi ma non lo vediamo. A volte una situazione ci diventa improvvisamente chiara, pur non essendo mutata.
La pazienza che concediamo amorevolmente a noi stessi e al mondo intorno a noi ci permette di arrivare alle cose nel momento in cui siamo pronti, non prima e non dopo.
Inoltre la pazienza ci permette di essere costanti e fiduciosi.
La pazienza è attesa non in senso stretto, bensì comprensione di dinamiche sulle quali non abbiamo potere o controllo. Non tutto dipende da noi e occorrono la capacità e la saggezza di capire fino a dove possiamo arrivare e dove invece occorre avere pazienza, pur non perdendo di vista i nostri desideri e i nostri obiettivi.
Fiducia
La fiducia rappresenta l’atto di comprendere che non possiamo controllare tutto (ben poco in verità), non possiamo decidere come far andare gli eventi o come far essere le persone.
Necessariamente dobbiamo ammettere che esiste qualcosa di più grande di noi, che non siamo il centro dell’universo. Possiamo chiamarlo come vogliamo o possiamo non chiamarlo affatto, quello che conta è che siamo consapevoli che non siamo né eterni né onnipotenti.
Vivere con fiducia significa fare pace con i nostri limiti, confidare in ciò che vivremo e nel modo e nel tempo in cui accadrà. Infatti non dipende da noi stabilire queste variabili, ma dipende da noi vivere ciò che ci si presenta con la migliore attitudine di cui siamo capaci, provando a trovare un significato e un aspetto positivi.
Avere fiducia significa credere che qualcosa si verificherà, non smettere mai di credere. Confidare nelle nostre capacità, nei nostri talenti, impegnarci per dare il meglio di noi, migliorare noi stessi e la nostra vita, e fare del nostro passaggio un’esperienza straordinaria.
Osservare (o non giudizio)
Ciò che spesso ci spinge a fare o non fare le cose in un determinato modo non è la nostra inclinazione o la nostra natura, ma il giudizio che abbiamo su di noi, sul modo in cui essere, sulle cose da fare.
Ci giudichiamo costantemente e giudichiamo costantemente gli altri, talvolta ci paragoniamo a loro, o paragoniamo due cose o persone tra loro, che è un altro modo di giudicare.
Il giudizio è qualcosa che ci limita come esseri umani e limita le nostre esperienze. Se giudichiamo, stiamo mettendo un’etichetta, una definizione, una targa. Rappresenta una gabbia in cui poniamo persone o eventi. E togliere un’etichetta è difficile perché la nostra mente tenterà di ripetere e riproporre quell’associazione.
Siamo incapaci, siamo inadeguati, siamo sbagliati… Un’altra persona è antipatica, cattiva, stupida… Qualcosa che ci accade è ingiusto, brutto, negativo…
Ma noi non siamo incapaci, inadeguati, sbagliati… Un’altra persona non è antipatica, cattiva, stupida… Qualcosa che ci accade non è ingiusto, brutto, negativo… Almeno non sempre, non ogni istante, non ogni giorno. Può capitare che ci sentiamo così o gli altri o gli eventi ci sembrino così, ma come ci aiuta a superare un’esperienza il fatto di giudicarla? Non ci aiuta affatto, tutt’altro. Non fa altro che tenerci dentro, imprigionati nel nostro stesso giudizio.
Il giudizio è l’opposto della curiosità, in cui la mente è libera, senza confini, senza definizioni. E ogni esperienza è descrivile con cento aggettivi, ogni volta diversi.
Non giudichiamo noi, non giudichiamo le persone, non giudichiamo le situazioni. Lasciamo che siano. Non conosciamo gli altri, non siamo nel loro mondo, non siamo nella loro testa. Il che non significa non avere preferenze o simpatie…
Non mettiamo un’etichetta alle cose o alle persone. Possiamo dire che qualcosa o qualcuno non ci è piaciuto in questo momento. Non ci piace un atteggiamento, non l’intera persona.
Osservare significa sperimentare, senza preconcetti o pregiudizi. Vivere l’esperienza per ciò che rappresenta. Impariamo a compiere l’azione di osservare senza aggiungere il passaggio successivo dato dal giudizio. Osservare e giudicare sono due azioni molto diverse tra loro. Possiamo semplicemente osservare.
Ricordiamoci che tutto è riconducibile al momento presente. Impariamo a restare nel momento presente per quanto concerne le nostre valutazioni e considerazioni. Abbiamo una determinata opinione qui e ora. In un altro luogo e in un altro tempo non sappiamo come potrà essere. Abituiamoci a non generalizzare, non catalogare, non mettere tutto insieme senza distinzione. Non attribuiamo giudizi totalizzanti.
Fluire (o non sforzo o non cercare risultati)
Così come non dovremmo giudicare i risultati, allo stesso modo non dovremmo cercare i risultati.
Ciò che facciamo non dovrebbe essere finalizzato a un risultato. O meglio: se svolgiamo un compito o un lavoro o un’attività dovremmo cercare di farla al nostro meglio, impegnarci e applicarci per avere soddisfazione e orgoglio. Ma non cercare un risultato specifico.
Ogni risultato che sia frutto del nostro impegno e della nostra volontà va bene.
Facciamo attenzione a non avere in mente uno standard a cui vogliamo a tutti i costi arrivare. Noi siamo unici e abbiamo il nostro modo unico di fare le cose. Se ci fissiamo troppo sul risultato che vogliamo ottenere, rischiamo di perdere di vista tante altre cose, come il motivo per cui lo stiamo facendo, il modo, il tempo, il piacere di farlo.
Rischiamo, in poche parole, di perderci il percorso che ci porta fino al termine della nostra attività, qualunque essa sia. È importante tenere a mente che non è il risultato finale che ci fa crescere, ma la strada che facciamo per arrivare fin lì, la determinazione che ci spinge, le scoperte che compiamo durante lo svolgimento.
Vivere nel momento presente non cerca un risultato se non quello di vivere nel momento presente. Esserci è già il risultato. Ed è senza sforzo. Se tentiamo a tutti i costi di forzare le cose, otterremo solo insoddisfazione e frustrazione. E una gran fatica nel farlo.
Non cercare risultati favorisce una ferma intenzione, per quanto possa sembrare paradossale, in quanto comporta il non contrapporsi, ma fluire con la vita. Più sforzo facciamo, più fatica facciamo e soprattutto più ci allontaniamo dai nostri obiettivi e desideri. Dipende da noi.
Accettazione
Accettazione in una parola significa permettere alle persone e alle cose di essere come sono, senza tentare di modificarle e plasmarle a nostro piacimento. Compresi noi stessi.
Nel momento in cui accettiamo, siamo disposti ad accogliere, a comprendere, a scoprire.
Teniamo a mente che l’accettazione è inevitabile in quanto nel momento in cui le cose sono o avvengono, sono state o sono avvenute già. Di fatto stiamo accettando qualcosa che si è già verificato e che è già accaduto. Quindi non accettare sarebbe come negare che il cielo oggi è azzurro o grigio, mentre è così. Accettare è una semplice presa di coscienza, presa d’atto di qualcosa.
L’accettazione ci apre la strada al cambiamento. Sembra un controsenso, ma più ci accettiamo più ci conosciamo, più ci conosciamo più possiamo agire sulle eventuali parti di noi che vogliamo modificare. Tanto più ci accetteremo nelle caratteristiche che reputiamo negative, tanto più ce le renderemo amiche e familiari e quindi duttili e malleabili.
Lo stesso vale per gli altri. Accettiamo che le persone non aderiscono alle nostre aspettative.
Spesso fatichiamo ad accettare le altre persone, senza capire che accettare significa di fatto stabilire una relazione migliore con loro, non avere aspettative irrealistiche, non giudicarle, ma anzi comprenderle nel loro modo di essere e trarre il meglio dalla relazione con loro, vederne i pregi e ciò che li rende speciali.
La strada dell’accettazione ripaga, porta a una maggiore distensione dei rapporti. Tanto più accettiamo, tanto più i nodi si sciolgono. Concediamo alle persone la chance, l’opportunità di mostrarsi per come sono. Se non accettiamo, siamo nel giudizio. Impariamo a spostare il focus, ad andare alla scoperta delle caratteristiche che non conosciamo.
Accettazione non è rassegnazione: l’accettazione è una disposizione attiva che ci rende protagonisti, la rassegnazione è passiva e ci rende spettatori.
Saper accogliere eventi, persone, cose come sono, saper accettare significa comprendere che possiamo agire su come reagiamo agli eventi, ma non sugli eventi che accadono. Non possiamo controllare tutto, ma possiamo scegliere come essere.
Lasciare andare (o non attaccamento)
Lasciar andare le pretese, i giudizi, i preconcetti. Il modo “giusto” e il modo “sbagliato”, la dicotomia tra bene e male, lasciar andare la rabbia, il risentimento, la colpa. Lasciar andare ciò che ci lega al passato impedendoci di evolvere e ciò che costantemente ci proietta nel futuro esponendoci a una continua aspettativa e privandoci del significato di vivere qui e ora.
Lasciando andare si resta nel momento presente. In ogni istante siamo già in un nuovo presente. In ogni istante lasciamo andare e nemmeno lo sappiamo. Lasciamo andare il nostro respiro, il battito del cuore, i pensieri e le emozioni.
Facciamo spazio al nuovo continuamente e per farlo occorre che lasciamo andare ciò che scioccamente pensiamo di possedere. Non possediamo nulla se non noi stessi adesso e in questo luogo. E noi stessi siamo qualcosa in continuo mutamento e in continua rigenerazione.
Lasciamo che i momenti passino, che si susseguano e portino qualcosa di buono e indispensabile per il momento che seguirà. Non rimaniamo attaccati, permettiamo a noi e alle cose di compiere il loro percorso.
Non ci opponiamo od ostacoliamo cose, persone, situazioni né nella loro fase iniziale (con accettazione, senza sforzo, senza giudizio) né nella loro fase finale (con curiosità, con pazienza, con fiducia, lasciando andare).
I Pilastri della Mindfulness
I pilastri della mindfulness tutti collegati e concatenati tra loro.
Se iniziamo a erigerne uno saldamente, saranno tutti sostenuti e rafforzati.