La Mindfulness, ormai lo sappiamo, fonda le sue basi sulla consapevolezza del momento presente, sul vivere il qui e ora con piena presenza e coscienza. La meditazione è parte integrante di questo percorso e di questo processo che aiuta a raggiungere uno stato di maggiore quiete, pace, tranquillità. L’azione che solitamente si compie durante la meditazione consiste nell’osservare il contenuto della nostra mente, quindi i pensieri, le emozioni, i ricordi, le fantasie, etc. Il tutto senza giudizio, senza tentare di modificare quello che si osserva, senza alcun tipo di forzatura.
Questo sarebbe l’optimum, la situazione ideale non solo durante la meditazione, ma in generale durante le nostre giornate. Scopo dei momenti che ci ritagliamo per noi stessi dovrebbe essere proprio quello di portare questa attitudine anche nelle altre parti della nostra vita. Difficile e non sempre fattibile, in verità.
Come comportarci di fronte ai pensieri ossessivi?
Accade, talvolta, che alcuni pensieri siano prepotenti, particolarmente insistenti e presenti nella nostra mente. Magari perché siamo preoccupati per qualcosa o per qualcuno. Magari perché fatichiamo a superare una situazione o un accadimento. Magari perché qualcosa ci sta profondamente a cuore e un distacco emotivo ci riesce molto difficile. In questi casi accettare che le cose siano in una determinata maniera e lasciare andare tutto il vasto mondo delle aspettative, dei rimpianti, delle colpe, delle recriminazioni non è certo qualcosa che riusciamo a fare con 10 minuti di meditazione.
La nostra mente tende per sua natura a voler risolvere le situazioni, quindi nel momento in cui percepisce qualcosa come problematico, il suo istinto è quello di pensare, ragionare, analizzare in modo da trovare una via d’uscita. Per questo motivo i nostri pensieri di fronte a qualcosa che a cui teniamo particolarmente o che ci preoccupa in maniera importante, possono diventare ossessivi e ripetitivi. La mente non accetta che ci sia qualcosa che non ha soluzione. Continua a riportare lì l’attenzione nella speranza che in questo modo si riesca a venirne a capo.
Naturalmente questo comportamento della mente non fa altro che farci stare peggio, generare in noi ansia, ulteriore malessere, agitazione, talvolta disperazione.
Che cosa possiamo fare se non riusciamo a calmare la nostra mente? Se la nostra mente continua a riportarci verso un determinato pensiero, come possiamo distoglierla?
A volte osservare questi pensieri ripetitivi e ricorrenti e purtroppo la maggior parte delle volte negativi, non basta. Non basta in quanto la componente emotiva viene comunque smossa e noi fatichiamo a restare tranquilli di fronte a simili pensieri, soprattutto se così martellanti.
In questi casi è possibile provare a “ingannare” la mente, nel senso di calmarla volontariamente. La nostra mente è portata verso il pensiero razionale e si basa su ragionamenti logici. Può essere anche fonte di grande creatività e fantasia. Ma la parte che ci ripropone i medesimi pensieri in maniera ossessiva e cerca una soluzione è quella logica e analitica.
Così noi possiamo provare, con la stessa logica e capacità di analisi, a parlarle, a convincerla, a tranquillizzarla. In qualche modo a “ingannarla”. Come? Mettendo nero su bianco, se possibile, o comunque esplicitando a voce alta o nella maniera più esteriore che ci riesce in quel momento, vale a dire non solo pensando, ma parlando o scrivendo, quindi portando fuori dalla mente il suo contenuto, tutto ciò che ci preoccupa e che ci appare insormontabile.
Ci sono cose che effettivamente non siamo in grado di risolvere, che non possiamo cambiare, che non siamo in grado di modificare perché ormai sono accadute, non siamo in grado di prevederle perché non sappiamo se e come si verificheranno. Però possiamo agire sull’atteggiamento della nostra mente, sul modo in cui la nostra mente percepisce queste situazioni, sulla nostra reazione di fronte a questi pensieri che tanto ci angosciano.
Riusciamo a dialogare con la nostra mente a un livello che sia in grado di comprendere?
Abbiamo detto che analizzare il contenuto della nostra mente durante la meditazione, osservare tutti i pensieri che transitano è molto utile per portarci a uno stato di maggiore pace, ma talvolta non è sufficiente. Allora immaginiamo di metterci proprio a tavolino con la nostra mente e di farla ragionare.
Una frase che mi piace molto e che mi capita di utilizzare è quella che “noi non siamo i nostri pensieri”. Allo stesso modo noi non siamo la nostra mente che è colei che contiene i nostri pensieri. Così come in verità non siamo neanche il nostro corpo. Nessuna di queste parti di noi ci identifica nella totalità.
Se non siamo la nostra mente allora significa che possiamo parlare e possiamo “ingannare” la nostra mente, nel senso di convincerla a smettere di riproporci questi pensieri in maniera ossessiva, convincerla che ci stiamo occupando della situazione che ci sta a cuore e quindi non serve che la mente si preoccupi al posto nostro, farle capire che siamo in grado di affrontare la situazione e faremo il possibile perché questo accada nel migliore dei modi.
In sostanza, quello che dobbiamo fare è rassicurarla. La nostra mente è vero che mette in atto questi meccanismi che non ci fanno stare bene, ma lo fa in verità con l’intendo di farci stare bene, di proteggerci da situazioni sconosciute o da circostanze che ritiene potrebbero mettere in pericolo la nostra stabilità. Ricordiamoci che la mente non ama ciò che è nuovo, non ama ciò che è sconosciuto o inatteso, in quanto tutto questo le dà insicurezza. La nostra mente ama stare in ciò che conosce e tende a mantenere le situazioni come sono per timore di affrontarne di nuove e che queste nuove contengano dei pericoli per noi. Quindi nel momento in cui comprendiamo che lo scopo della nostra mente è quello di proteggerci, siamo in grado di parlarle, di calmarla, di rassicurarla.
Proviamoci! Che cosa abbiamo da perdere?
Naturalmente siamo nel campo dell’astrazione: va da sé che il concetto di parlare con la propria mente è qualcosa di particolare, che può farci sorridere. È da intendere come un confronto e un ascolto di una parte di noi. Non è molto diverso da quando abbiamo un dolore o un fastidio e tentiamo di assumere una posizione del nostro corpo che ci dia sollievo. O da quando abbiamo paura o siamo in difficoltà nell’affrontare qualcosa e da soli cerchiamo di dirci che ce la faremo, che andrà tutto bene, che siamo in grado di riuscirci. Esattamente la stessa cosa con i pensieri. È solo che quando i pensieri diventano così ricorrenti e ossessivi, fatichiamo a staccarcene, proprio perché ci coinvolgono e ci assorbono, lasciandoci poco spazio per essere lucidi e trovare quel minimo di distacco dai pensieri stessi che ci hanno travolto nel loro vortice.
Eppure la salvezza, la serenità sta nel riuscire a fare un passo di lato e trattare questi pensieri, quindi la nostra mente nel momento in cui ce li propone, come un momento di difficoltà. Possediamo tutte le risorse a cui fare appello per comprendere che abbiamo un’alternativa, ovvero quella di calmare la nostra mente, e per metterla in pratica.
In questo consiste “ingannare” la mente, di fatto solo nel dialogo con noi stessi.