Nell’ultimo webinar, che abbiamo tenuto in diretta il 27 ottobre, tra i vari commenti e apprezzamenti, è emersa una domanda molto interessante (e molto difficile), posta da una partecipante: qual è la differenza tra consapevolezza e coscienza?
Voglio ringraziare la ragazza per la domanda perché ci ha dato modo di approfondire questi argomenti ed è stata per noi spunto di ulteriori conoscenze e riflessioni.
Ma come siamo arrivati a parlare di consapevolezza e coscienza?
Grazie a Daniele Siegel che definisce il 7° senso come la visione della mente, ovvero la funzione della mente preposta ad accrescere e combinare le sensazioni attraverso la consapevolezza, la capacità di osservare la propria mente, l’essere coscienti di sé e del proprio processo di pensiero.
Anche se le definizioni non sempre sono esaustive, partiamo da quelle per poi ampliare il discorso.
Consapevolezza
In psicologia, con il termine consapevolezza (awareness in inglese) si intende la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene avvertito e delle proprie risposte comportamentali. Si tratta di un processo cognitivo distinto da sensazione e percezione.
Un’altra definizione descrive la consapevolezza come uno stato in cui un soggetto è a conoscenza di alcune informazioni quando tali informazioni sono direttamente disponibili per essere trasferite nella direzione di un’ampia gamma di processi comportamentali. [Vale a dire la consapevolezza che precede un dato comportamento.]
Gli stati di consapevolezza sono anche associati agli stati di esperienza, in modo che la struttura rappresentata nella consapevolezza si rispecchi nella struttura dell’esperienza stessa.La consapevolezza può essere individuata in uno stato interno, quale per esempio una sensazione viscerale o la percezione sensoriale di eventi esterni. Un caso particolare è la consapevolezza di sé o autoconsapevolezza.
Le parole chiave che emergono da queste definizioni sono: conoscenza, cognizione, comportamento, esperienza. Questi termini ci fanno comprendere che la consapevolezza è legata alla capacità di renderci conto, di essere al corrente, di sapere di stare agendo o pensando o provando un’emozione. E tutto ciò prende sovente spunto da una manifestazione quale un’azione. Ad es: sono consapevole che sto camminando, sono consapevole che ho fame (quindi voglio mangiare), sono consapevole che desidero fare un viaggio.
Coscienza
La coscienza (nella formulazione freudiana) è una qualità della mente che di solito include altre qualità quali ad esempio la soggettività, la auto-consapevolezza, la conoscenza e la capacità di individuare le relazioni tra sé e il proprio ambiente circostante.
Nel linguaggio comune, si intende la capacità di comprendere, accorgersi e capacitarsi dell’ambiente circostante e la facoltà di interagire con esso.
Ma, appena oltre la percezione comune, la coscienza è ben difficile da definire o individuare. Molte tradizioni culturali e religiose situano la coscienza in un’anima separata dal corpo. Per contro, molti scienziati e filosofi considerano la coscienza qualcosa di inseparabile dalle funzioni neurali del cervello…
Come appare facilmente intuibile, la coscienza è stata ed è tutt’ora oggetto di studi e teorie. Si tratta infatti di un concetto molto più vasto e complesso di quello di consapevolezza. Non a caso, la coscienza racchiude al suo interno anche la consapevolezza.
Esempi e differenze
Torniamo agli esempi di prima. Sono consapevole che sto camminando, sono consapevole che ho fame (e voglio mangiare), sono consapevole che desidero fare un viaggio.
Qual è il contributo della coscienza?
Il fattore di decisione e di scelta.
La semplice consapevolezza non analizza le ragioni profonde di un determinato comportamento. Sono consapevole che sto camminando per andare in un dato posto o per fare una passeggiata, ok, ma dove è nata questa esigenza, come mai ho deciso di compiere questa azione? So che avevo bisogno di staccare e rilassare la mente, ne sono consapevole, ma quale motivazione mi ha spinto ad agire e ad agire in un modo piuttosto che in un altro?
La consapevolezza mi dà – si spera – la capacità di rendermi conto di qualcosa nel momento in cui si verifica. Sono consapevole mentre compio un’azione o immediatamente prima. Sono consapevole di un pensiero o di un’emozione. Posso essere consapevole anche del processo decisionale che mi ha portato a compiere quell’azione o a giungere a quel pensiero o a quell’emozione (processo già piuttosto complesso).
Eppure i miei meccanismi mentali, per quanta consapevolezza possa avere, non sono totalmente sotto il mio controllo e io non posso totalmente esserne consapevole. Sono consapevole di ciò che sto facendo, ma sarà stata la mia coscienza a spingermi a farlo.
La coscienza lavora a un livello profondo: si basa sui miei valori, sulle mie credenze, sui miei ricordi, sul mio vissuto, sui miei processi mentali.
Consapevolezza e coscienza non sono sinonimi
Spesso, e aggiungerei purtroppo, consapevolezza e coscienza vengono utilizzati e proposti come sinonimi. Ma sono due concetti piuttosto diversi.
- La consapevolezza ci consente di percepire ciò che accade e ciò che proviamo, ovvero ogni evento o processo esterno e interno.
- La coscienza ci permette di comportarci secondo una nostra personale etica. La coscienza è infatti supportata dai nostri valori. La nostra gamma di convinzioni e credenze ci permette di allineare i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni a ciò che riteniamo appropriato e conforme al nostro modo di essere. La coscienza è stata spesso visto nel corso del tempo e da numerosi filosofi come una virtù, proprio in quanto legata a valori morali.
- La consapevolezza riguarda i processi mentali come l’attenzione e la percezione ed è del tutto soggettiva. È un processo personale rivolto alla propria realtà interiore.
- La coscienza si attiene a principi di etica e moralità che posso essere condivisi da più individui. Non a caso si usa il termine “coscienza collettiva” per indicare l’insieme di credenze, idee e atteggiamenti morali compartecipati all’interno di una comunità o società.
- La consapevolezza è relativa al pensiero, pertanto muta costantemente. In un dato momento diamo maggiore attenzione a un aspetto (interiore o esteriore), in un altro momento portiamo la nostra attenzione a un altro aspetto. È un continuum che non si ferma mai, che elabora sempre nuove informazioni e risponde costantemente agli stimoli, esterni e interni.
- La coscienza è relativa alla mente nella sua interezza e in particolare indica quel momento in cui si presenta alla mente la realtà oggettiva, sulla quale interviene la consapevolezza che le dà senso e significato, raggiungendo quello stato di “conosciuta unità” di ciò che è nell’intelletto. [La realtà viene analizzata e riconosciuta come familiare.] La coscienza muta gradualmente nel corso degli anni.
- La consapevolezza è un processo che possiamo veicolare. Possiamo scegliere quando, dove e come indirizzare la nostra consapevolezza, all’interno di uno stato di coscienza. Si può essere coscienti senza essere consapevoli, ma non il contrario. (Ad alcuni livelli elevati di meditazione in verità questo è possibile). Conosciamo, ahimè, bene la coscienza senza consapevolezza poiché si verifica ogni volta che non abbiamo alcuna consapevolezza di quello che stiamo facendo, né intenzione, né attenzione, né presenza.
- La coscienza non è un processo volontario o che possiamo controllare, non possiamo scegliere di essere o non essere coscienti.
Mindfulness
Una breve parentesi sulla mindfulness, che spesso viene tradotta proprio con il termine consapevolezza.
Il termine mindfulness può essere considerato un sinonimo di awarness.
La prima traduzione di consapevolezza in inglese è infatti awarness (aware + ness), che significa l’essere attento, vigile, informato o avvisato, talvolta nell’accezione di diffidente, cauto, guardingo. Possiamo dire che sia uno stato di elevata attenzione.
La parola mindfulness, che è formata da mind ‘mente’ e ful-ness ‘pienezza’ è traducibile con avere conoscenza, ri-conoscimento o ricordo; attenzione, attento pensiero.
Anche in questo caso la parola chiave sembra essere attenzione.
Potremmo quindi dire, con le parole di Jon Kabat-Zinn che mindfulness significa “porre l’attenzione in maniera intenzionale, nel momento presente e senza giudizio.”
Da questa semplice frase, capiamo quanto poco esaustiva sia la traduzione di mindfulness come consapevolezza, in quanto la mindfulness è sì consapevolezza, ma è anche e soprattutto l’attitudine che insegna a coltivare la consapevolezza e altresì a vivere nel momento presente.
È una disciplina che si basa e si fonda sulla consapevolezza, per espanderla e portarla nel qui e ora.
La mindfulness insegna a vivere nel presente, ad accettare le cose così come sono e a coglierne la bellezza. Insegna a essere curiosi, fiduciosi, positivi. Insegna che l’unico momento che esiste e su cui si ha potere è questo e l’unica persona su cui abbiamo potere siamo noi.
Questa attitudine porta consapevolezza, intenzionalità, non giudizio e anche pace, serenità, tranquillità.
Così come la coscienza include la consapevolezza, lo stesso vale per la mindfulness.